Quando si parla di cespiti condominiali, in genere ci si riferisce al lastrico solare oppure al cortile oppure alle mura perimetrali, insomma a tutti quei beni che, unitamente agli altri, sono elencati nell’art. 1117 c.c. Nella presente pubblicazione, invece, il bene in discussione è il sottosuolo che, obiettivamente, non è indicato nella norma appena citata.
Si è parlato di ciò in un edificio dove, secondo il racconto del condominio, è accaduto che i comproprietari di un immobile si fossero impossessati del sottosuolo, senza alcuna autorizzazione del fabbricato. Essendosi rifiutati di ripristinare lo status quo ante allo scavo, è sorta una diatriba. Per l’ente si trattava di un bene comune e, perciò, nessuna appropriazione poteva avvenire senza il consenso di tutti i proprietari.
In particolare, da questo contenzioso è scaturito un procedimento giudiziario, almeno per ora, culminato con la recente sentenza della Corte di Appello di Cagliari n. 310 del 12 ottobre 2022. All’ufficio sardo è stato attribuito il compito di risolvere la lite, ma anche di chiarire la natura condominiale del sottosuolo di un edificio e di stabilire, altresì, l’eventuale misura del risarcimento per l’occupazione abusiva del bene de quo.
Non mi resta, perciò, che approfondire le circostanze che hanno caratterizzato il caso concreto.
Sottosuolo in condominio: a chi appartiene? Il caso concreto.
In un fabbricato sardo, i comproprietari di un locale commerciale, posto al pian terreno, avevano deciso di effettuare una consistente ristrutturazione dell’immobile.
Ebbene, a detta del condominio, nell’esecuzione dei lavori progettati era stato abbassato il piano di calpestio originario dell’edificio.
Insomma, i condòmini de quo avevano ricavato dei locali dal sottosuolo, di fatto appropriandosi del medesimo. Ciò, però, era avvenuto senza autorizzazione dell’edificio.
Non essendo intervenuta alcuna composizione bonaria sulla vicenda, l’azione giudiziale era stata inevitabile. Dinanzi al competente Tribunale di Sassari, l’ente aveva, quindi, chiesto il ripristino dello status quo ante e il risarcimento del danno per l’occupazione abusiva del sottosuolo condominiale da liquidarsi in via equitativa.
Il primo grado di giudizio si concludeva, però, con il rigetto delle domande. Secondo l’ufficio in questione non era stata raggiunta alcuna prova sufficiente circa l’appropriazione. Di conseguenza non poteva nemmeno essere accolta la pretesa risarcitoria
In ragione di questo esito, per il condominio, l’appello diventava inevitabile. In tale sede, s’insisteva per l’integrale revisione della sentenza sui punti descritti.
In effetti, la Corte di Appello di Cagliari ha riconosciuto che gli appellati si erano appropriati del sottosuolo comune. Perciò, sono stati condannati al ripristino del bene allo stato originario. La domanda risarcitoria, invece, è stata respinta poiché il danno non è stato provato.
Sottosuolo in condominio: è un bene comune?
Come anticipato in premessa, il sottosuolo di un fabbricato non fa parte dei beni comuni elencati all’interno dell’art. 1117 c.c.
Tuttavia, per pacifica posizione giurisprudenziale, esso è considerato di proprietà del condominio. In assenza, infatti, di un titolo contrario, si tratta di una conclusione che si raggiunge per semplice presunzione «in materia di condominio, la zona esistente in profondità al di sotto dell’area superficiaria che è alla base dell’edificio, in mancanza di un titolo che ne attribuisca ad alcuno di essi la proprietà esclusiva, rientra per presunzione in quella comune tra i condomini. (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 29925 del 18/11/2019)».
In particolare, la Cassazione giunge a tale conclusione anche in considerazione del disposto di cui all’art. 840 cod. civ., secondo il quale la titolarità del suolo si estende anche al sottosuolo «Lo spazio sottostante il suolo di un edificio condominiale, in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini, va considerato di proprietà comune, per il combinato disposto degli artt. 840 e 1117 c.c… (Cass. sent. n. 6154/2016)».
Quindi, alla luce delle precedenti affermazioni giurisprudenziali, una volta accertata l’appropriazione del sottosuolo comune, per la Corte di Appello in esame è stato inevitabile concludere per il rispristino dello status quo ante. Il condominio, infatti, non aveva autorizzato alcuna iniziativa in tal senso.
I proprietari responsabili avevano, invece, limitato, indebitamente, l’uso e il godimento di un bene altrui «Nessuno di costoro, pertanto, può, senza il consenso degli altri, procedere all’escavazione del sottosuolo per ricavarne nuovi locali o per ingrandire quelli preesistenti, in quanto, attraendo la cosa comune nell’orbita della sua disponibilità esclusiva, limiterebbe l’altrui uso e godimento ad essa pertinenti».
Occupazione sine titulo: brevi cenni sulla prova per il risarcimento
Ancora una volta, una corte di merito precisa che il danno da occupazione sine titulo non è automatico, che è collegato alla potenziale fruttuosità del bene e che è compito del presunto danneggiato dimostrare di aver perso delle occasioni di sfruttarlo o di aver subito un altro tipo di danno «Il condominio non ha dimostrato, e prima ancora neppure allegato, né di aver perso occasioni di sfruttamento del sottosuolo illegittimamente occupato, né di aver sofferto altri pregiudizi patrimoniali, lasciando così la sua pretesa sfornita di allegazione e prova».
Nel caso in commento, nulla di tutto ciò è stato comprovato.
L’ente, infatti, non ha potuto dimostrare che il sottosuolo era, anche, solo potenzialmente sfruttabile economicamente e/o di aver perso la possibilità di concederlo, previo corrispettivo, a qualcuno (come, invece, sarebbe possibile per un appartamento, a titolo di locazione). In ragione di ciò, il rigetto della domanda risarcitoria è stato inevitabile.
Fonte: Condominioweb