La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1849 del 21 gennaio 2022, è tornata sul tema della condominialità della corte condivisa da diversi fabbricati. Nonostante il disposto dell’art. 1117 c.c. sia molto chiaro nell’inserire tale bene tra le parti comuni, è sempre possibile dimostrare il contrario, fornendo che la prova che il titolo disponga il contrario.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha dovuto stabilire se la corte fosse condominiale anche se vi avevano accesso diretto solo alcuni proprietari, mentre gli altri ne beneficiavano esclusivamente per ricevere luce ed aria. Approfondiamo la decisione in commento per scoprire quando il cortile è parte comune in condominio.
Cortile tra più edifici: il caso
Confermando la sentenza di primo grado, la Corte d’Appello, disattendendo le pretese esclusivistiche degli attori, riteneva che la corte fosse parte comune in quanto accessoria a tutte le proprietà, constatando come tale parte servisse indistintamente non solo le unità che alla medesima avevano accesso diretto, ma anche quelle che dalla stessa ricavavano luce ed aria.
In sintesi, la corte era stata correttamente ritenuta comune a tutte le parti, non avendo gli attori in primo grado prodotto titolo idoneo a superare la presunzione di condominialità dell’articolo 1117 c.c. e non essendo possibile distinguere tra chi usava la corte come parcheggio, avendo alla medesima accesso diretto, e chi, invece, della corte faceva un uso solo mediato come spazio da cui ricavare luce ed aria.
Avverso tale decisione sfavorevole proponevano ricorso per Cassazione i proprietari che rivendicavano la proprietà esclusiva del cortile: a detta di costoro, dai vari titoli di proprietà succedutisi nel tempo (trattavasi infatti di immobili molto antichi) si sarebbe evinta l’attribuzione della corte solamente a coloro che la utilizzavano come parcheggio, in quanto era a loro consentito accedere direttamente.
Cortile tra più edifici: la decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1849 del 21 gennaio 2022, rigetta il ricorso, ritenendo condominiale il cortile.
Gli ermellini ricordano come la causa verta su di un cortile posto tra i corpi di fabbrica di più edifici. Per consolidata interpretazione giurisprudenziale, viene inteso come cortile, ai fini dell’inclusione nelle parti comuni dell’edificio elencate dall’art. 1117 c.c., qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti, o che abbia anche la sola funzione di consentirne l’accesso (Cass. Sez. 2, 15/02/2018, n. 3739).
La presunzione legale di comunione, stabilita dall’art. 1117 c.c., si reputa inoltre operante anche nel caso di cortile strutturalmente e funzionalmente destinato al servizio di più edifici limitrofi ed autonomi, tra loro non collegati da unitarietà condominiale.
La sentenza impugnata ha confermato la decisione di primo grado affermativa della natura comune della corte in favore di tutte le parti, non avendo gli attori prodotto titolo idoneo a superare la presunzione dell’articolo 1117 c.c. e non essendo possibile distinguere tra chi usava la corte come parcheggio, avendo alla medesima accesso diretto, e chi, invece, della corte faceva un uso solo mediato come spazio da cui ricavare luce ed aria.
Nella specie, i giudici del merito hanno quindi svolto l’accertamento preliminare volto, mediante apposito apprezzamento di fatto, a verificare l’obiettiva destinazione primaria del cortile a dare aria, luce ed accesso al servizio delle unità immobiliari dei contendenti.
Una volta così verificata, in ragione della relazione di accessorietà tra i beni, l’applicabilità dell’art. 1117 c.c., occorreva individuare, per superare eventualmente la presunzione di condominialità, quel determinato titolo che aveva dato luogo alla formazione del condominio per effetto del primo frazionamento del complesso in proprietà individuali.
In realtà, il motivo di ricorso, incentrato su una minuziosa elencazione delle «vicende derivative dominicali» attinenti agli immobili che affacciano sul cortile, è volto a sostenere l’erroneità dell’accertamento di fatto operato dalla Corte d’appello, secondo il quale l’originario unico titolare del compendio non aveva dapprima riservato a sé e poi trasferito soltanto ad alcuni la proprietà dell’area in contesa.
Non è invero dirimente il riferimento ai vari titoli di acquisto fatto nel ricorso. Secondo gli ermellini, sarebbe stato piuttosto da accertare nel titolo originario un’eventuale chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente all’iniziale unico titolare del complesso la proprietà del cortile, di modo che lo stesso avrebbe poi potuto validamente disporre del bene in favore dei propri aventi causa.
La mancata prova al riguardo resta a carico di coloro che pretendono l’appartenenza esclusiva del bene compreso tra quelli elencati dall’art. 1117 c.c.: in difetto di tale prova, infatti, deve essere affermata l’appartenenza del suddetto bene indistintamente a tutti i condòmini.
Cortile tra più edifici: il principio espresso dalla Cassazione
In definitiva, possiamo dire che la Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, abbia espresso il seguente principio: salvo che il titolo non stabilisca il contrario, il cortile posto tra i corpi di fabbrica di più edifici è parte comune, anche se solamente alcuni immobili vi hanno accesso diretto.
Fonte: condominioweb