I condotti fognari sono considerati dalla legge parti comuni dell’edificio e sono oggetto di proprietà comune fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini, con la ovvia conseguenza che, se la fognatura causa danni ad un condomino, di tali danni ne risponde il condominio.
Tuttavia la giurisprudenza ha affermato che, gli interventi di riparazione alla colonna fecale destinata a servire solo alcuni appartamenti in condominio, ed i relativi danni, devono essere ripartiti tra questi ultimi, con esclusione dei condomini che non utilizzano la colonna (Trib. Napoli 27 giugno 1992 n. 8205).
Il presupposto per l’attribuzione della proprietà comune in favore di tutti i compartecipi viene meno, difatti, se le cose, gli impianti, i servizi di uso comune, per oggettivi caratteri strutturali e funzionali, siano necessari per l’esistenza o per l’uso (ovvero siano destinati all’uso o al servizio) di alcune soltanto delle unità immobiliari.
Discorso diverso però se un condomino servito dalla colonna fecale (che intasandosi procura danni a terzi) si distacca volontariamente dalle tubazioni condominiali per evitare di risarcire il danneggiato.
Tale comportamento è particolarmente grave se tale operazione viene compiuta nel corso delle indagini peritali.
Conduttura fognaria occlusa, danni a terzi e distacco volontario del condomino per sottrarsi al pagamento dei danni: la vicenda
Un condominio era stato condannato a risarcire un condomino dei danni causati dall’intasamento dell’impianto fognante condominiale e conseguente fuoriuscita di liquami.
Sulla base di un’apposita delibera l’importo pagato era stato addebitato pro quota ai condomini danneggianti, compresa la proprietaria di due locali deposito posti al piano seminterrato del caseggiato.
Quest’ultima però impugnava la delibera sostenendo di non essere tenuta a contribuire al pagamento dei danni in quanto entrambe le sue unità immobiliari non erano mai state collegate né all’impianto idrico né a quello fognario del condominio; di conseguenza l’attrice si riteneva del tutto estranea alla vicenda oggetto del risarcimento del danno e alla conseguente ripartizione tra i condomini delle spese derivanti dalla sentenza di condanna.
Il condominio riteneva irrilevante che i locali dell’attrice non fossero allacciati alla rete fognaria condominiale, in quanto, essendo l’impianto fognario di proprietà comune ed indivisibile, in qualsiasi momento, la stessa attrice avrebbe potuto collegarsi ad esso; di conseguenza anche la distaccata era tenuta a concorrere alla spesa deliberata con l’impugnata delibera, in base alla tabella millesimale di proprietà.
La decisione del Tribunale ed il reato di frode processuale ex art. 374 c.p.
Il Tribunale ha dato torto all’attrice. Il problema è che durante le operazioni peritali il CTU si è reso conto che il liquido colorato immesso nei servizi igienici posti all’interno dei due locali non ha mai raggiunto la pozzetta pubblica posta sulla strada perché nelle more dell’esecuzione annunciata del saggio da eseguire, la condotta fognaria a servizio dei locali dell’attrice è stata recisa e rimossa dal suo sito facendo cadere l’acqua colorata sul pavimento del vano deposito interrato.
Naturalmente secondo lo stesso giudice tale manomissione, operata nel corso delle indagini peritali, è stata eseguita solo da chi ha ritenuto di poterne trarre vantaggio.
In considerazione dei fondati dubbi sull’integrazione del reato di frode processuale ex art. 374 c.p. da parte della condomina, il giudicante ha fatto presente che avrebbe trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica.
Tale figura di reato viene commessa da colui che, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, al fine di trarre in inganno il giudice in un atto d’ispezione o di esperimento giudiziale, ovvero il perito nella esecuzione di una perizia, immuta artificiosamente lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone (qualora il fatto non sia preveduto come reato da una particolare disposizione di legge è punito con la reclusione da 1 a 5 anni).
Il reato di frode processuale di cui all’art. 374 c.p., contenuto tra i delitti contro l’amministrazione della giustizia, è finalizzato a tutelare la genuinità della decisione giurisdizionale rispetto ad attività dirette ad alterare il materiale probatorio. In ogni caso il Tribunale ha sottolineato che, a prescinde da chi (e per quale ragione) ha operato il materiale distacco fra la parte di condotta di proprietà esclusiva e quella di proprietà condominiale, l’attrice non è riuscita a provare che il riscontrato distacco era stato praticato prima che dalla condotta comune si producessero infiltrazioni che avevano prodotto i danni a terzi.
Fonte: condominioweb