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Assemblea e spese, quando non serve il riparto?

Le spese possono essere: ordinarie ossia quelle necessarie per la gestione delle cose e dei servizi comuni (ad esempio spese inerenti all’assicurazione del fabbricato, alla pulizia ed illuminazione delle scale, cortili, androne, al riscaldamento) e straordinarie ossia quelle derivanti da interventi eccezionali ed occasionali come ad esempio il rifacimento della facciata, della pavimentazione del cortile, della sostituzione della caldaia.

Quando l’assemblea delibera una spesa approva altresì il piano di riparto ossia quel documento che contiene il prospetto di suddivisione della spesa tra tutti i condòmini.

Può accadere, però, che l’approvazione della spesa da parte dell’assemblea avvenga sul costo complessivo dei lavori sulla base del preventivo presentato dall’impresa (ad esempio nel caso di lavori di manutenzione straordinaria) senza approvazione di un piano di riparto tra i singoli condòmini.

In tal caso, in mancanza della predisposizione e approvazione di un piano di riparto che indichi chiaramente la quota di partecipazione di ciascun condòmino alla spesa deliberata, ci si chiede se la relativa delibera sia comunque valida e se i condòmini siano tenuti comunque a pagare anche in mancanza di piano di riparto.

Nel presente articolo esamineremo la suddetta ipotesi con l’ausilio di una recente sentenza del Tribunale di Roma, n. 15012 del 28 settembre 2021 che, chiamato a decidere sulla impugnazione di una delibera assembleare, ha ritenuto infondato, tra gli altri, il motivo di invalidità relativo alla mancata approvazione di un riparto della spesa deliberata.

Ma procediamo con ordine.

Ripartizione delle spese: il riferimento normativo

I criteri di ripartizione delle spese di gestione dei beni condominiali sono indicati nell’art. 1123 c.c.. In particolare, il primo comma prevede il criterio di ripartizione secondo i millesimi di proprietà, il secondo comma fa riferimento alla ripartizione secondo l’uso che ciascuno può fare della cosa comune nel caso in cui sia destinata a servire i condòmini in misura diversa ed il terzo comma riguarda la ripartizione delle spese a carico di coloro che traggono utilità dalle cose, in caso di condominio parziario.

Ne deriva, pertanto, che salvo i casi particolari di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 1123 c.c. ove rispettivamente si tratta di spese relative a cose destinate a servire ciascun condòmino in misura differenziata ( comma 2) nonché di spese relative a cose che servono solo una parte dell’intero fabbricato ( comma 3), il criterio prevalente è quello di cui al comma 1 dello stesso articolo che si riferisce alla spese relative a tutte le parti comuni dell’edificio, come da elencazione, non tassativa, di cui all’art. 1117 c.c.. Per cui, ai sensi del primo comma dell’art. 1123 cc., le spese si ripartiscono tra i condòmini secondo le tabelle millesimali ossia in misura proporzionale al valore di proprietà di ciascuno, salva diversa convenzione.

In primo luogo, dunque, va verificata l’eventuale sussistenza, nel regolamento condominiale, di una deroga convenzionale a criteri di ripartizione legale delle spese condominiali. La deroga può essere altresì contenuta in una delibera dell’assemblea approvata all’unanimità. In assenza di specifica deroga deve farsi riferimento alle tabelle millesimali.

L’esistenza di un criterio generale e prevalente di ripartizione delle spese di cui all’art. 1123 comma 1 c.c., rispetto al quale gli altri due (commi 2 e 3) si pongono con carattere di specialità, logicamente fa venir meno il problema di un’eventuale mancanza di un piano di riparto della spesa deliberata in assemblea che sarà quindi legalmente ripartita in misura proporzionale al valore di proprietà di ciascun condòmino, laddove gli altri due criteri non risultino applicabili.

Quando, dunque, non serve il piano di riparto?

Assemblea e spese, quando non serve il riparto? Il caso concreto

Una condomina conveniva in giudizio il condominio chiedendo che venisse accertata e dichiarata nulla e o annullabile l’impugnata delibera assembleare relativa all’approvazione di lavori straordinari nell’edificio condominiale.

Tra i diversi motivi di impugnazione, l’attrice sosteneva che la delibera fosse invalida poiché non era stato approvato il riparto delle spese e quote dei lavori deliberati.

L’assemblea aveva deciso di effettuare lavori di manutenzione della facciata, dei balconi e delle terrazze ad uso esclusivo; sicchè, predisposto il capitolato, scelta la ditta incaricata di eseguire i lavori, l’assemblea deliberava il relativo costo senza approvazione del piano di riparto incaricando l’amministratore di ripartire la spesa sulla base delle tabelle vigenti.

Il Tribunale accertava che non vi fosse nella specie alcuna deroga convenzionale di criteri di ripartizione legale delle spese condominiali, né nel regolamento contrattuale di condominio, né in una delibera assembleare approvata all’unanimità.

Riteneva, inoltre, pacifico che le opere deliberate in assemblea fossero relative a parti comuni del fabbricato trattandosi di manufatti deputati a preservare l’edificio condominiale dagli agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d’acqua, escludendo per contro che si trattasse di opere su parti utilizzate in maniera parziale o ridotta dall’attrice rispetto alla restante compagine condominiale.

Stabilito, dunque, che trattavasi di spese deliberate per la manutenzione di cose comuni ed accertata l’assenza di deroghe e casi particolari, il Tribunale stabiliva doversi applicare al caso di specie l’art. 1123 comma 1 c.c. secondo cui le spese relative alle parti comuni vanno ripartite secondo le tabelle millesimali ossia in misura proporzionale al valore della singola proprietà esclusiva.

In questo caso, se manca l’approvazione del piano di riparto ossia la specifica suddivisione della spesa tra tutti i condòmini, la relativa delibera è comunque valida.

Assemblea e spese, quando non serve il riparto? La decisione

Il Tribunale respinge la doglianza di impugnazione della delibera relativa alla mancata approvazione di uno stato di ripartizione ritenendo come questo non costituisca motivo di invalidità del deliberato.

La ratio di tale decisione trova il suo fondamento normativo nell’art. 1123 comma 1 c.c. poiché ciascun condòmino partecipa al pagamento delle spese di gestione e conservazione delle parti comuni dell’edificio in quanto obbligato propter rem.

Ne deriva che a prescindere dalla redazione ed approvazione del piano di riparto, le spese deliberate dall’assemblea si ripartiscono tra i condòmini secondo le tabelle millesimali per cui nulla questio se manca il piano di riparto poiché la suddivisione delle spese si fa secondo semplici calcoli matematici.

Per completezza va ricordato che l’unica conseguenza della mancata approvazione del riparto delle spese deliberate in assemblea è che, in caso di riscossione di quote non saldate nei confronti del condòmino moroso, l’amministratore potrà ottenere il decreto ingiuntivo, ma senza provvisoria esecuzione, mentre quando c’è il piano di riparto il giudice emetterà il decreto contenente l’ingiunzione di pagamento immediatamente esecutivo.


Fonte: Condominioweb

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