L’amministratore è tenuto a specificare la misura del compenso richiesto al momento della nomina, dandone atto a verbale. In caso contrario la deliberazione deve ritenersi nulla, come previsto espressamente dall’art. 1129 c.c. Anche la Cassazione, come già parte della giurisprudenza di merito, con la recente sentenza n. 12927 del 22 aprile 2022, ha confermato che per la legittimità della nomina non è sufficiente fare riferimento al compenso pagato nella precedente gestione e indicato nel consuntivo portato all’approvazione dell’assemblea.
Nulla la nomina dell’amministratore senza preventivo: Il caso concreto.
Nella specie una società condomina aveva contestato in giudizio il fatto che l’assemblea avesse deliberato la nomina dell’amministratore senza che quest’ultimo avesse specificato il compenso per l’attività da svolgere. Il Tribunale di Udine aveva respinto la domanda e la sentenza era stata prontamente impugnata.
La Corte di Appello di Trieste aveva a sua volta respinto il gravame, ritenendo che l’ammontare del compenso richiesto non dovesse necessariamente essere indicato nella delibera di conferimento dell’incarico né emergere dal verbale assembleare.
Inoltre, secondo i giudici di appello, agli atti risultava un preventivo sottoscritto dall’amministratore e indirizzato ai condomini, e parimenti risultava un bilancio preventivo, con riparto e piano rate, ove si indicava il compenso dell’amministratore.
La società condomina, per nulla convinta delle motivazioni addotte dai giudici di merito, aveva quindi presentato ricorso in Cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 1129, comma 14, c.c. ed evidenziando come nel verbale di nomina dell’amministratore non vi fosse cenno alcuno né al compenso richiesto né alla documentazione preventivamente trasmessa ai singoli condomini.
La decisione della Suprema Corte.
Secondo la Cassazione la nomina dell’amministratore di condominio, che rientra fra le attribuzioni dell’assemblea, si struttura, a seguito della riforma del 2012, come scambio di proposta (dell’amministratore) e accettazione (della maggioranza assembleare), sulla base di quanto si desume dai commi 2 e 14 dell’art. 1129 c.c., nonché dall’art. 1130, n. 7, c.c., il quale dispone che la nomina dell’amministratore deve essere annotata in un apposito registro.
Più in generale, secondo la Cassazione, dall’art. 1130 n. 7, c.c. e dall’art. 1136, ultimo comma, c.c. si evince “che la delibera di nomina dell’amministratore e il correlato contratto di amministrazione debbano avere anche forma scritta”.
In altri termini, se ben si interpreta la motivazione della sentenza, il procedimento di stipula del contratto tra amministratore e condominio deve necessariamente prevedere la presentazione di una proposta scritta da parte del primo (che si sostanzia nel c.d. preventivo, dovendosi del resto evidenziare come il contenuto di questo mandato sia in gran parte predeterminato dalla legge) e una conforme accettazione della stessa da parte della maggioranza della compagine condominiale, la quale deve ovviamente risultare dalla relativa deliberazione di nomina riportata nel verbale assembleare.
L’art. 1129, comma 14, c.c., come è noto, prescrive, in particolare, che “l’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta”. La nullità della nomina viene quindi stabilita direttamente dalla legge.
Secondo la Cassazione deve ritenersi che, perché vi sia la costituzione di un valido rapporto di amministrazione condominiale, debba ricorrere un preciso requisito formale, ossia debba individuarsi un documento, approvato dall’assemblea, che rechi, anche mediante richiamo a un preventivo espressamente indicato come parte integrante del contenuto di esso, l’elemento essenziale dell’analitica specificazione dell’importo dovuto a titolo di compenso, specificazione che non può invece ritenersi implicita nella delibera assembleare di approvazione del rendiconto.
Del resto come potrebbero fare i condomini a valutare la convenienza di scegliere un amministratore piuttosto che un altro se non confrontando le relative richieste economiche?
Di qui, nel caso concreto, la decisione della Suprema Corte di procedere all’annullamento della sentenza impugnata che, come detto, aveva ritenuto che l’ammontare del compenso richiesto dall’amministratore non dovesse necessariamente essere indicato nella delibera di conferimento dell’incarico, né emergere dal verbale.
La Suprema Corte ha quindi enunciato il seguente principio di diritto: “Agli effetti dell’art. 1129, comma 14, c.c., il quale prevede la nullità testuale della nomina dell’amministratore di condominio ove non sia specificato l’importo dovuto a titolo di compenso, per la costituzione di un valido contratto di amministrazione condominiale occorre accertare la sussistenza di un documento, approvato dall’assemblea, recante, anche mediante richiamo ad un preventivo espressamente indicato come parte integrante del contenuto di esso, l’elemento essenziale della analitica determinazione del corrispettivo, che non può ritenersi implicita nella delibera assembleare di approvazione del rendiconto”.
Cosa deve contenere il preventivo dell’amministratore?
Per quanto sopra, sempre se ben si interpreta la motivazione della sentenza in commento, per la legittimità della delibera di nomina dell’amministratore, si deve ritenere sufficiente che dal verbale assembleare risulti l’importo richiesto dal proponente a titolo di compenso e accettato dall’assemblea o il richiamo al contenuto della proposta contrattuale che, però, deve essere allegata al verbale, per diventarne parte integrante.
Personalmente si ritiene preferibile questa seconda opzione, perché la mera indicazione a verbale dell’ammontare dell’emolumento annuale pare riduttiva rispetto alla ratio della novella di cui all’art. 1129, comma 14, c.c.. Se, infatti, scopo della norma è quello di consentire la confrontabilità delle offerte dei candidati amministratori e, una volta avviato il rapporto contrattuale, fare in modo che le pretese economiche esposte a consuntivo siano verificabili, occorre che l’obbligo dell’amministratore sia non solo e non tanto quello di indicare l’importo annuale del corrispettivo richiesto, quanto piuttosto quello di specificare quali siano le attività che devono intendersi comprese in tale emolumento. Di qui la necessità di un preventivo analitico.
Anche perché, a parere di chi scrive, il fatto che il Legislatore abbia preteso una “specificazione analitica dell’importo del compenso” e non una semplice “specificazione dell’importo del compenso” fa ritenere che si sia voluto fare riferimento alle singole voci delle quali si compone l’emolumento preventivato.
Altrimenti i vari preventivi non saranno mai confrontabili tra di loro, né si risolveranno anticipatamente le diatribe tra condomini e amministratore sul fatto che un’attività rientri o meno nel compenso a suo tempo pattuito.
Un esempio può essere quello dell’esecuzione degli adempimenti fiscali, che l’amministratore, magari esperto in ragioneria e contabilità, potrebbe eseguire personalmente oppure delegare a una società di servizi, esponendo il relativo costo al condominio. Ma si pensi, poi, al tema spinoso dell’attività straordinaria. È evidente come queste e altre scelte vadano rimesse alla libera contrattazione delle parti.
Tuttavia, in assenza della necessaria trasparenza, queste decisioni rischiano di essere imposte ai condomini a cose fatte (ossia svelate in sede di rendiconto) e di dare adito a litigi e contenzioso giudiziale.
Fonte: CONDOMINIOWEB