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Spese condominiali: Esonerare un condomino

Esonero di un condomino dalla partecipazione alle spese: la fattispecie

Una condomina ha impugnato la delibera resa dall’assemblea dei condomini nella seduta del lontano 27.2.1996 ritenendola affetta da radicale nullità perché, con essa, l’assemblea, senza l’unanimità dei consensi di tutti i proprietari e condomini del fabbricato, aveva esonerato il condomino sig. X dalla contribuzione delle spese di conservazione e manutenzione straordinaria dell’impianto di riscaldamento centralizzato, secondo la tabella di proprietà, a seguito del distacco da questi operato dall’impianto.

L’attrice deduce che detta delibera è affetta da nullità sia perché contraria alla legge, sia perché in violazione di una specifica clausola del regolamento del condominio. Ritiene, infatti, nulla la delibera del 1996 in quanto una tale decisione di modifica dei criteri di ripartizione delle spese previsti ex lege dall’art. 1123 c.c. e dall’art. 18 del regolamento di condominio può essere adottata solo con l’unanimità dei consensi.

Il condominio convenuto si costituisce e contesta quanto asserito da controparte. Assume il Condominio che la decisione illo tempore adottata è da considerare legittima perché costituisce una vera e propria variazione delle tabelle millesimali e quindi una deroga ai criteri legali di riparto delle spese condominiali richiamata dalla “diversa convenzione” di cui al primo comma dell’art. 1123 c.c. che autorizza tale deroga senza l’unanimità dei consensi.

Il Condominio ha inoltre precisato che la delibera era stata tenuta ferma e regolarmente applicata di fatto per oltre vent’anni dalla totalità dei condomini, con la piena acquiescenza anche dell’attrice.

La decisione del Tribunale di Roma

Il Tribunale di Roma risolve la controversia con la decisione n. 9997 del 22 giugno 2022, ritenendo fondata la domanda dell’attrice.

L’art. 1123 e i suoi principi

La motivazione risiede nel fatto che la disciplina del riparto delle spese condominiali è dettata in termini generali dall’art. 1123 c.c. che individua tre distinti criteri di ripartizione delle spese relative alla conservazione e al godimento delle cose comuni, alla prestazione dei servizi nell’interesse collettivo e alle innovazioni deliberate a maggioranza. Queste spese si dividono sostanzialmente in tre gruppi, facendo carico ai condomini:

a. in proporzione al valore della proprietà di ciascun condomino, se si è in presenza di cose e servizi destinati a servire in modo indifferentemente tutti i condomini;

b. in proporzione all’uso che ciascun condomino può farne, qualora si tratti di cose o servizi destinati a servire i condomini in misura diversa;

c. in ragione dell’utilità che ciascun gruppo di condomini riceve dalle cose funzionalmente destinate a servire solo una parte dell’edificio.

L’art. 1123 c.c. ha natura dispositiva: si riferisce non già a tutte le spese, relative a parti o servizi comuni, ma solo a quelle che sono necessarie alla conservazione dei beni comuni.

Questa norma, come più volte affermato dalla giurisprudenza, è derogabile.

Le possibili deroghe alla norma

La conseguenza è la legittimità della convenzione modificatrice contenuta nel regolamento condominiale di natura contrattuale, o nella deliberazione dell’assemblea quando è approvata da tutti i condomini (cfr. ex plurimis Cass. n. 641/2003, Cass. n. 3944/2002 e Cass. n. 12281/1992).

La Suprema Corte ha rilevato che “in assenza di limiti posti dall’art. 1123 c.c., la deroga convenzionale ai criteri codicistici di ripartizione delle spese condominiali può arrivare a dividere in quote uguali tra i condomini gli oneri generali e di manutenzione delle parti comuni, e finanche a prevedere l’esenzione totale o parziale per taluno dei condomini dall’obbligo di partecipare alle spese medesime (Cass. Sez. 2, 25/03/2004, n. 5975; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6844 del 16/12/1988). [..] È allora indispensabile una fonte convenzionale per poter derogare ai criteri legali di cui all’art. 1123 c.c., non potendo l’assemblea stabilire o modificare tali criteri con un’eventuale delibera maggioritaria. […] Sono dunque da considerare nulle per impossibilità dell’oggetto, e non meramente annullabili, e perciò impugnabili indipendentemente dall’osservanza del termine perentorio di trenta giorni ex art. 1137, comma 2, c.c., tutte le deliberazioni dell’assemblea adottate in violazione dei criteri normativi o regolamentari di ripartizione delle spese, e quindi in eccesso rispetto alle attribuzioni dell’organo collegiale, seppur limitate alla suddivisione di un determinato affare o di una specifica gestione, non potendo la maggioranza dei partecipanti incidere sulla misura degli obblighi dei singoli condomini fissata per legge o per contratto, ed occorrendo, piuttosto, a tal fine, un accordo unanime, espressione dell’autonomia negoziale” (Cass. Sez. 6 – 2, 09/03/2017, n. 6128 e Cass. n.19651/2017).

Detto ciò, il vizio sollevato dalla condomina attrice contenuto nella delibera impugnata avente ad oggetto la totale esclusione del condomino dalla partecipazione delle spese per la conservazione e manutenzione dell’impianto centralizzato di riscaldamento dal quale si è distaccato va considerata nulla, stante la comproprietà delle parti comuni che impone la partecipazione anche dei condomini distaccati dall’impianto alle spese straordinarie e di conservazione (arg. ex art. 1118, III comma – ratione temporis – c.c., nonché l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità prima della introduzione del quarto comma dell’art. 1118 c.c. cfr. Cass. n. 5331/2012; Cass. n. 5974/2004; Cass. n. 6923/2001; Cass. n. 1775/1998).

Ed infatti, in caso di distacco dall’impianto centralizzato, “il condomino autorizzato a rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto comune rimane obbligato a pagare le sole spese di conservazione di quest’ultimo – quali, ad esempio, quelle di sostituzione della caldaia – perché l’impianto centralizzato è comunque un accessorio di proprietà comune, al quale egli potrà, in caso di ripensamento, riallacciare la propria unità immobiliare” (Cass. Sez. 2, sent. n. 18131 del 31/08/2020).

Occorre quindi l’unanimità dei condòmini nella decisione, vista la sua natura contrattuale (ex pluribus multis Cass. n. 6010/2019).

Il principio della Cassazione civile, Sez. Un., 14/04/2021, n. 9839

Ancora da ultimo la Suprema Corte a SS.UU. ha ribadito il principio di diritto qui evidenziato: “sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, sono stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell’assemblea previste dall’art. 1135 c.c., nn. 2) e 3), e che è sottratta al metodo maggioritario; sono, invece, meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate senza modificare i criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, ma in violazione degli stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell’esercizio delle dette attribuzioni assembleari, che non sono contrarie a norme imperative, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall’art. 1137 c.c. comma 2″ (Cassazione civile, Sez. Un., 14/04/2021, n. 9839).

Ebbene il condomino, in assenza di una “diversa convenzione” (regolamento di condominio contrattuale e/o delibera adottata all’unanimità con la partecipazione di tutti i condomini), non può e non poteva essere esonerato dalle spese in oggetto. Si tratta di obbligazioni propter rem non rinunciabili con la conseguenza che la relativa delibera va dichiarata nulla.

I fatti concludenti non bastano: occorre la prova

L’accettazione per facta concludentia non vale: se è vero che la “diversa convenzione” richiamata dall’art. 1123 c.c. non è assoggettata ad oneri di forma e può risultare anche da comportamenti univocamente concludenti, protrattisi nel tempo (cfr. Cass. n. 20318/2004), è altrettanto vero che questi debbono essere tali da poterne ricavare senza alcun margine di dubbio l’accettazione da parte di tutti i condomini del differente criterio di riparto (nella specie l’esclusione dalla contribuzione del condomino).

Questa prova non è stata raggiunta, vista l’impugnazione della condomina.

Quindi la delibera va dichiarata nulla: la maggioranza dei condomini favorevole a tale riduzione ha inciso sul diritto patrimoniale della minoranza costretta a sopportare un onere maggiormente gravoso conseguente alla riduzione degli importi dovuti dal condomino escluso dalla contribuzione.


Fonte: condominioweb

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