Oggi ci occupiamo del tema delle innovazioni, che è uno dei più spinosi da affrontare, specialmente in sede contenziosa, dove la maggior parte delle cause, avviate per contrastare una presunta innovazione vietata oppure un’innovazione gravosa o voluttuaria, adottata in assenza dei presupposti di legge, vedono l’amara soccombenza del proponente, essendosi accertato che non sussiste innovazione oppure che non sussiste la tipologia di innovazione lamentata.
Innovazioni ammesse, innovazioni c.d. ‘agevolate’, innovazioni vietate
L’art. 1120 c.c. descrive e disciplina:
- le innovazioni che potremmo definire ammesse o ordinarie (comma 1°), descrivendole come tutte quelle volte a migliorare o rendere più comodo l’uso o ad aumentare il rendimento delle cose comuni
- le innovazioni inserite dalla riforma del 2012, che hanno preso il nome di ‘agevolate’ (commi 2° e 3°), perché la legge guarda con tale favore alla loro adozione nei Condominii da aver decretato un quorum inferiore per la delibera della stessa (art. 1136, 2° comma, c.c.) rispetto alle innovazioni ‘ordinarie’ (art. 1136, 5° comma, c.c.)
- le innovazioni vietate (comma 4°), le quali non solo non possono essere realizzate, ma non possono nemmeno essere deliberate, pena la nullità della relativa decisione, in quanto l’art. 1120 c.c. è dichiarata norma inderogabile dall’art. 1138 c.c. – con l’unica eccezione, con buona pace dei principi generali del diritto, del decoro architettonico, che i condòmini, con decisione adottata all’unanimità degli stessi (si badi bene, tutti i condòmini devono votare a favore, non vale l’unanimità dei presenti all’Assemblea) possono decidere di deturpare come più gli aggrada, trattandosi di elemento estetico che contribuisce ad apprezzare o deprezzare il valore dell’edificio e così delle singole unità immobiliari, elemento che rientra nella disponibilità del privato – a differenza di sicurezza e staticità dell’edificio, che invece hanno connotati di carattere pubblicistico che vengono sottratti all’arbitrio del singolo.
Con ‘innovazione’ non intendiamo ogni opera o attività deliberata dal Condominio circa i beni o servizi comuni: ciò che distingue l’innovazione dalla semplice modifica o dall’opera avente carattere straordinario è la trasformazione del bene o servizio comune, tale da alterarne completamente la destinazione.
Inoltre, le innovazioni tendono ad accrescere il patrimonio comune, mentre modifiche e lavori straordinari sono generalmente volti a mantenere, conservare o trarre un ulteriore godimento da ciò che già esiste – in questo senso, potremmo dire che tutte le innovazioni, a ben vedere, sono ‘voluttuarie’, perché questo termine viene opposto, come significato, alle opere ‘necessarie’ alla conservazione dell’edificio, mentre le innovazioni non sono necessarie, ma sono un ‘di più’ che il Condominio decide di aggiungere, per cui se non ci fossero, nulla cambierebbe rispetto a staticità, sicurezza e conservazione dell’edificio e dei beni e servizi comuni.
L’art. 1121 c.c. disciplina invece le innovazioni gravose . voluttuarie: dobbiamo porre mente alla disgiuntiva ‘o’, perché molto spesso di pensa che gli aggettivi ‘gravose’ e ‘voluttuarie’ descrivano lo stesso tipo di operazione, ma così non è.
L’innovazione gravosa è descritta dall’art. 1121, 1° comma, c.c., come quella che importa una ‘spesa molto gravosa’: ovviamente, dovendo applicare i parametri giurisprudenziali che vengono utilizzati per distinguere un lavoro di manutenzione ordinaria da uno di manutenzione straordinaria, dovremmo dire che la ‘gravosità’ della spesa va esaminata parametrandola all’edificio che stiamo considerando, alle sue condizioni ed alle possibilità economiche, nonché all’importanza dell’opera complessivamente intesa rispetto a quell’edificio – ovviamente, sono invece ininfluenti le capacità economico – finanziarie dei condòmini come singoli.
L’innovazione voluttuaria è invece quella che non riveste carattere di necessità e non procrastinabilità (perché, come detto, si tratterebbe allora di manutenzione), ma anche qui la ‘non necessarietà‘ dell’opera va guardata dal punto di vista delle condizioni particolari dell’edificio e della sua importanza, come ci spiega sempre il comma 1; si tratta di concetti vaghi, che il Giudice, verosimilmente con l’ausilio del proprio consulente tecnico, dovrà stabilire di volta in volta e caso per caso, a seconda dell’edificio che sta esaminando in quel particolare contezioso.
Attenzione perché anche un’innovazione gravosa o voluttuaria soggiace pur sempre al limite posto dall’art. 1120, 4° comma, c.c., cioè quelle delle innovazioni vietate; pertanto, se il Condominio delibera un’innovazione gravosa o voluttuaria, pur in presenza dei requisiti di detta tipologia di innovazioni per come previsti dall’art. 1121 c.c., che vedremo tra poco, ma in spregio al divieto di pregiudizio a stabilità, sicurezza o decoro architettonico o ancora che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condòmino, allora l’innovazione sarà vietata e la delibera sarà nulla, per violazione dell’art. 1120 c.c.
Recentemente, il Tribunale di Roma, con sentenza n. 6670 del 2020, già commentata su questa rivista [v. articolo 18.05.2020 di Avv. Natalotto, “Innovazioni, un utile vademecum dal Tribunale di Roma“] ha definito i concetti di stabilità e sicurezza: con stabilità intendiamo riferirci all’indebolimento delle fondamenta o delle strutture portanti dell’edificio, mentre la sicurezza attiene alla creazione, in qualsivoglia modo, di uno stato di pericolo, sia per i beni e servizi comuni, sia per la vita e l’incolumità dei condòmini e di quanti frequentano il Condominio.
Come si deliberano le innovazioni gravose o voluttuarie
L’art. 1121 c.c. è molto chiaro nell’affermare che l’innovazione gravosa o voluttuaria, per essere ammissibile (oltre a non dover violare il divieto di ‘innovazione vietata’ ex art. 1120 c.c.), dovrà essere deliberata secondo determinati criteri, a seconda che sia o meno suscettibile di utilizzazione separata.
Cosa significa? Significa che l’innovazione gravosa o voluttuaria deve essere un opera, un impianto o un manufatto che, una volta realizzato/installato, deve poter essere utilizzato anche da un solo gruppo di condòmini: questo perché il Legislatore intende tutelare, in questa caso particolare, la minoranza dissenziente che, in difetto, sarebbe costretta a tollerare una spesa per un’opera che non ha desiderato – mentre, nel caso di manutenzione ordinaria o straordinaria dell’edificio, la minoranza dissenziente non può sottrarsi al deliberato assembleare divenuto definitivo (cioè, non impugnato nei termini o giudicato ammissibile).
Cosa accade se l’utilizzazione separata non è possibile? L’innovazione sarà fattibile, ma unicamente qualora la maggioranza assembleare che la desidera (insomma, i votanti a favore) dichiari contestualmente che ne sopporterà integralmente la spesa.
In caso contrario (voto a favore dell’innovazione, ma non sono disposto a sostenerne i costi) l’innovazione non è consentita.
Attenzione, perché qui le cose si complicano: non esiste una maggioranza (rectius, un quorum deliberativo) specificamente dettata per le gravose e voluttuarie, perché, in realtà, non si tratta di un tertium genus rispetto alle ordinarie o alle agevolate, ma di una caratteristica che le stesse possono assumere.
Quindi, potrò avere una innovazione ‘ordinaria’ che assume i caratteri di innovazione gravosa o voluttuaria, come descritti dall’art. 1121 c.c.; pertanto, per deliberarla, mi occorrerà la maggioranza imposta dall’art. 1120, 1° comma, c.c. (cioè quella ‘aggravata’ di cui all’art. 1136, 5° comma, c.c., ovvero la maggioranza dei presenti in Assemblea che rappresenti almeno i 2/3 del valore dell’edificio); lo stesso dicasi per le innovazioni ‘agevolate’.
Tanto è vero questo che, ancora oggi, nell’epoca post riforma, l’installazione di un ascensore in edificio che ne è privo viene classificata come innovazione gravosa o voluttuaria, nonostante sia inclusa tra le innovazioni agevolate, in particolare tra gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche di cui all’art. 1120, 2° comma, n. 2), c.c.
Pertanto, riuniti in Assemblea, i condòmini che vadano al voto rispetto ad un’innovazione ordinaria o agevolata, della quale però si ravvisino i caratteri di voluttuarietà o gravosità, dovranno comportarsi come segue: qualora l’opera o l’impianto siano utilizzabili separatamente, i votanti a favore dell’innovazione saranno gli unici a sostenere la spesa per la stessa, mentre coloro che votano contro non saranno tenuti a pagarla (e ovviamente non la potranno sfruttare).
Si creerà, in questo modo, una sorta di Condominio parziale di coloro che hanno approvato l’innovazione e l’hanno finanziata. Perché ciò che costituisce il risultato dell’innovazione sarà utilizzabile solamente da coloro che l’hanno votata e pagata ed anche le opere di manutenzione e qualsiasi onere connesso ad essa sarà a carico degli stessi soggetti, non dell’intero Condominio (cioè, di tutti, inclusi i votanti contrari).
Se invece l’innovazione non sia utilizzabile separatamente, allora i votanti a favore dovranno altresì assumere l’impegno a sostenere integralmente la spesa – come farebbero per l’innovazione utilizzabile separatamente.
La situazione conseguente alla realizzazione di un’innovazione non utilizzabile separatamente non dovrebbe, di fatto, essere diversa da quella in cui ci si trova con l’innovazione ‘separabile’.
Infatti, i condòmini che votano contro non sosterranno la spesa, ma nemmeno dovrebbero poter utilizzare l’innovazione.
Questo perché logica vorrebbe che, se non ho voluto qualcosa e non ho pagato per esso, non possa poi trarne vantaggio a costo zero …
Ma c’è anche una questione di carattere logico – giuridico: per quanto l’innovazione in parola non sia, per sua natura, separabile, il 3° comma dell’art. 1121 c.c., che prevede il subentro dei votanti contrari, così come dei loro eredi o aventi – causa, nell’innovazione, con il pagamento della quota parte, fa espresso riferimento al solo 1° comma (utilizzazione separata possibile) e non al 2° comma della norma (utilizzazione separata NON possibile).
Quindi, ne dobbiamo dedurre che i votanti contrari all’innovazione gravosa o voluttuaria non separabile non possono utilizzarne e non possono nemmeno subentrare in momento successivo all’utilizzo – di fatto, non essendo la stessa separabile, la potrebbero utilizzare in qualsiasi momento, ma non lo possono fare, per le dinamiche di cui sopra e nemmeno potrebbero farlo proponendo di pagare per detto subentro.
Veniamo ora ad una questione strettamente pratica: cosa fare laddove il Condominio abbia deliberato un’innovazione gravosa o voluttuaria e noi ci siamo ‘dimenticati’ o non abbiamo potuto esprimere il voto contrario?
La legge è chiara nell’affermare che, sia per le innovazioni gravose e voluttuarie separabili che per quelle non separabili, il condòmino che non intenda trarne vantaggio e sopportarne la spesa debba esprimere il voto contrario.
Pertanto, laddove siamo stati assenti all’Assemblea che ha deliberato e non abbiamo dato delega ad altro soggetto, chiedendo di esprimere il nostro dissenso, saremo costretti ad impugnare: tuttavia, ci si chiede quale valore potrebbe avere una siffatta impugnativa, ove il Giudice dovrà correttamente rammentare al condòmino che egli ben avrebbe potuto partecipare e votare contro o almeno delegare …
La vicenda assume caratteristiche differenti qualora invece la delibera abbia deciso l’innovazione gravosa e voluttuaria, approvando altresì un riparto che includa tutti i condòmini, non solamente coloro che hanno votato pro innovazione: perché, in questo caso, la delibera dovrebbe ritenersi nulla per eccesso di potere, perché l’Assemblea ha imposto ai singoli una spesa che non attiene alla cosa comune, bensì ad un elemento che ancora deve venire in essere (l’innovazione da realizzare) e che è imputabile ad alcuni solamente di essi, così travalicando i suoi poteri di cui all’art. 1335 c.c.
Si comprende bene, allora, l’importanza del discrimine tra innovazione gravosa o voluttuaria e innovazione che non lo è, perché si tratta di stabilire, in fin dei conti, chi pagherà per essa.
Di recente, ha suscitato particolare interesse la sentenza n. 10371 del 20 aprile 2021, emessa dalla Cassazione, dove la Corte ha ritenuto che il c.d. ‘cappotto termico’ non costituisca innovazione perché, tra le altre, contribuisce a migliorare l’efficienza energetica di tutto lo stabile; conclusione, tutti i condòmini devono sostenerne le spese, non solamente coloro che lo hanno voluto e votato in Assemblea.
Altra pronuncia recente, l’ordinanza n. 24166 dell’08 settembre 2021, Corte di Cassazione, Sezione II, laddove i ricorrenti sostenevano che costituissero innovazione la realizzazione di un impianto di ventilazione forzata ad estrazioni fumi, la realizzazione di una nuova scala, l’installazione di un cancello e l’eliminazione di portoni di ingresso, così come l’eliminazione dei portoni di ingresso, l’abbassamento della quota dei pavimenti e il taglio delle solette di cemento armato, in quanto detti lavori, da un lato, avrebbero apportato rilevanti modifiche al fabbricato attraverso l’aggiunta di entità non preesistenti e, dall’altro, avrebbero trasformato entità preesistenti al fine di soddisfare esigenze di sicurezza, così che dette spese, particolarmente onerose, sarebbero tali da costituire innovazioni ai sensi dell’art. 1121 c.c.
La Corte respinge il motivo di gravame, ritenendo che il Giudice del merito avesse correttamente escluso la natura voluttuaria e gravosa delle opere deliberate, cui conseguiva l’esonero da qualsiasi contributo da parte dei ricorrenti, trattandosi di lavori relativi alla sicurezza del fabbricato ed all’adeguamento della normativa antincendio, ai sensi del D.M. 16 febbraio 1982 ed alla Legge n. 818 del 1984.
Afferma la Corte che «Tali opere non sono [recte, «solo», N.d.A.] non avevano alterato l’entità sostanziale del bene o mutato la destinazione, ma erano imposte per legge ai fini della messa a norma dell’edificio e per l’ottenimento del Certificato di Prevenzione Incendi.»
Pronuncia importante perché getta una luce nuova su tutte quelle opere che il Condominio è tenuto ad eseguire in virtù di normativa di carattere cogente, esprimendo chiaramente il concetto per cui, se l’opera è prevista dalla legge a tutela di interessi superiori (in questo caso, a tutela della sicurezza del fabbricato e dei suoi abitanti, ma anche di coloro che frequentano il Condominio) o semplicemente imposta, il Condominio è tenuto ad eseguirla ed i condòmini (tutti) a remunerarla, pur laddove essa sia onerosa o comporti mutamenti significativi del patrimonio comune.
Per analogia, questa pronuncia potrebbe essere applicata al caso dell’adeguamento del Condominio alla disciplina privacy imposta dal GDPR, che ancora ad oggi stenta a decollare e che vede i condòmini confusi circa gli oneri da sborsare per ottenere l’adeguamento …
Appena il caso di rammentare, poi, che tra alienante ed acquirente, il soggetto obbligato a pagare per l’innovazione è colui che era condòmino nel momento in cui fu adottata la delibera con cui l’innovazione fu decisa – nel caso delle gravose e voluttuarie, il condòmino che ha votato a favore dell’innovazione. Concetto da ultimo ribadito da sentenza del 20 aprile 2021 del Tribunale di Roma.
Rammentiamo poi che subentrare nell’utilizzo dell’innovazione (quella separabile) ex art. 1121, 3° comma, c.c. significa dover corrispondere le spese di esecuzione e manutenzione dell’opera sostenute dai votanti a favore dalla costituzione dell’innovazione al momento del subentro.
Significa cioè pagare quella che sarebbe stata la quota parte di spesa laddove chi ha votato contro l’innovazione avesse invece partecipato alla stessa dall’inizio, includendo quindi sia la spesa iniziale sostenuta per costituire l’innovazione, sia l’eventuale manutenzione annuale o periodica corrisposta per essa; il risultato va poi sottoposto alla rivalutazione monetaria, perché il prezzo del denaro speso dai votanti a favore all’epoca della costituzione dell’innovazione sarà verosimilmente diminuito rispetto a quello del momento del subentro.
Fonte: Avv. Caterina TOSATTI – Condominioweb
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Grazie, articolo illuminante. Complimenti!