A questi interrogativi risponde il Tribunale di Bari con la decisione n. 4235 del 23 novembre 2021.
La fattispecie esaminata
Nel caso di specie, un condomino aveva chiuso due pozzi luce e eseguito altri interventi ritenuti illeciti dagli attori. Questi infatti agiscono in giudizio lamentando l’illegittimità delle opere e di conseguenza chiedendo la loro rimozione.
Il condomino convenuto ne asserisce la legittimità sulla base, tra le altre cose, di una deliberazione assembleare assunta anni prima. Il condominio anch’esso si costituisce in realtà aderendo alle domande attoree.
L’ausilio della consulenza tecnica d’ufficio
Il Tribunale ha analizzato i titoli amministrativi evidenziando che la chiusura di uno dei due pozzi era stata dichiarata illegittima sotto il profilo amministrativo. Conferma della sua illegittimità anche nella sede del presente giudizio.
Circostanza peraltro confermata anche dalla consulenza tecnica d’ufficio disposta in sede di giudizio, su cui si basa la relativa statuizione del giudice.
In simili fattispecie è importante avere questo strumento di ausilio perché porta a conclusioni tecniche che altrimenti nel mondo giuridico potrebbero non essere raggiunte. Questo è il motivo per cui è stata espletata: aiutare il giudice nel comprendere la reale situazione dei fatti di causa.
La delibera autorizzativa condizionata
Dopodiché si analizza il verbale di assemblea. È utile riportare testualmente il suo contenuto: “… Si decide – all’unanimità – di autorizzare il Condomino all’installazione di opportuna grata da collocare all’estremità superiore del lucernaio in continuazione di quella esistente.
Resta inteso che su richiesta del Condominio, per necessità, il tutto potrebbe essere ripristinato, riportandolo, quindi, allo stato originale. .
Il giudice osserva che emerge, in buona sostanza, l’inidoneità di questa delibera di autorizzazione condominiale a costituire, all’attualità, un titolo valido sulla cui base il Di condomino convenuto possa resistere alla legittima richiesta di smantellamento della griglia.
Talché, dal punto di vista strettamente civilistico dei rapporti condominiali, va perentoriamente esclusa la possibilità di maturazione di un legittimo affidamento, in capo al convenuto, circa la stabilità del richiamato atto autorizzatorio; in altre e più semplici parole, anche in considerazione della mancata impugnazione della delibera de qua nel relativo termine decadenziale, è venuto a determinarsi un sostanziale consolidamento della stessa delibera sul duplice piano, da un lato, della sua portata immediatamente abilitante e, dall’altro, della revocabilità, in ogni tempo, ogniqualvolta se ne fosse presentata la necessità, dell’abilitazione medesima.
Ne discende che il convenuto, nel momento in cui, nell’ormai remoto anno della delibera, chiese e ottenne la ridetta autorizzazione condominiale, accettò consapevolmente il rischio di una esplicita successiva richiesta di smantellamento della grata.
Che, d’altronde, sussista la necessità di una rimozione della grata de qua è immediatamente desumibile dallo stesso elaborato peritale.
Il contegno processuale del condominio
Conferma di quanto detto viene ricavato dal contegno processuale tenuto dal Condominio, anch’esso convenuto. Questi, infatti, in sede di costituzione in giudizio, ha dedotto: “si costituisce con il presente atto il Condominio di via Corfù a mezzo del sottoscritto Avvocato, il quale nulla eccepisce -allo stato- in merito alla domanda formulata dagli attori”.
Se ne ricava che il Condominio, costituendosi in giudizio, ha implicitamente riconosciuto l’assenza, nel caso di specie, di valide ragioni che ostino all’accoglimento della domanda formulata dagli attori.
Lo stesso convenuto, nel prosieguo delle sue deduzioni, ha evidenziato come, effettivamente, l’installazione della grata de qua fosse stata assentita in occasione della riunione assembleare menzionata in atti, dando, tuttavia, risalto, al contempo, all’espressa previsione, in sede di delibera autorizzatoria, della possibilità di un successivo ripristino del tutto, con integrale ricostituzione del primitivo stato dei luoghi, su richiesta dello stesso Condominio, laddove se ne fosse presentata la necessità.
Ne deriva che il Condominio, nel formulare le proprie richieste conclusive, dichiara, sostanzialmente, di rimettersi, alle decisioni più opportune e di giustizia che sarebbero state adottate dal Tribunale adito per la tutela dei diritti e degli interessi lesi con ogni consequenziale provvedimento di legge anche in ordine alle spese processuali.
Deve, quindi, concludersi nel senso che lo stesso Condominio abbia ritenuto meritevole di accoglimento la richiesta articolata dai coniugi odierni attori di condanna del convenuto alla rimozione della grata in questione.
Le conclusioni
Quindi la conclusione: a tutti i rilievi in fatto ed in diritto che precedono consegue la condanna del convenuto alla demolizione di quanto dallo stesso abusivamente costruito nei due pozzi luce condominiali per cui è causa, dimodoché gli stessi pozzi luce vengano integralmente riportatati all’originario stato, a cura e spese dello stesso ridetto convenuto.
Ne consegue la condanna alle spese di lite in capo al medesimo convenuto, comprese le spese dell’espletata CTU. Nulla viene invece disposto per le spese processuali tra gli attori ed il condominio, avendo queste parti assunto in sostanza l stesse conclusioni e non essendosi posto il condominio in posizione conflittuale con gli attori.
Fonte: condominioweb